Il Panjshir è l’ultima provincia dell’Afghanistan rimasta fuori dal controllo dei talebani.
Qui, proprio come nel caso della guerra condotta dall’Urss in Afghanistan negli anni ’80, si è formata una forza di resistenza ai talebani conosciuta come Alleanza del Nord.
Ma non solo. Le truppe del Panjshir infatti hanno anche guidato una rivolta anti talebana nella vicina provincia di Baghlan, e sono disposti ad opporsi fino in fondo agli estremisti alla guida del paese.
A loro volta, i talebani stanno lentamente spostando le loro formazioni armate nel Panjshir, ma sembrano non avere fretta di conquistare l’ultimo territorio afghano sfuggito al loro controllo.
Ma chi sono i combattenti del Panjshir?
La spina dorsale delle forze di resistenza è costituita da milizie locali di etnia tagika. Formalmente obbediscono ad Amrullah Saleh, che si è autoproclamato presidente dell’Afghanistan dopo la fuga dal paese di Ashraf Ghani.
I media però individuano come leader dei ribelli Ahmad Massoud, figlio del famoso generale Ahmad Shah Massoud che ha combattuto contro le truppe sovietiche e il governo della Repubblica Democratica dell’Afghanistan tra il 1978 ed il 1992. Dal 1995 al 2001, poi, Massoud è stato uno dei leader dell’opposizione ai talebani riunita sotto l’egida dell’Alleanza del Nord, fino a trovare la morte per mano dell’organizzazione terroristica Al Qaeda il 10 settembre 2001.
Ora proprio suo figlio Ahmad è formalmente considerato il capo della resistenza anti-talebana nella gola del Panjshir. Tuttavia, il vero leader dei ribelli che operano nella regione sarebbe il fratello del defunto “Leone del Panjshir”, Ahmad Wali Masud.
Il figlio del defunto Massoud, Ahmad, svolgerebbe invece principalmente il ruolo di portavoce nelle relazioni con i media occidentali, vista l’educazione ricevuta in Gran Bretagna.
Ribelli del Panjshir, numeri ed equipaggiamento
Ahmad Masud avrebbe dichiarato di guidare 10mila combattenti, mentre altre fonti riferiscono che il loro numero raggiunge i 16mila.
Queste cifre, tuttavia, risultano grossolanamente sopravvalutate. Facendo una stima al ribasso, i Panjshiri sarebbero appena 7.000.
Gli uomini della resistenza anti talebana sono armati con numerose armi leggere, lanciagranate anticarro portatili e mitragliatrici di grosso calibro. I combattenti della resistenza del Panjshir sarebbero poi dotati di diversi sistemi di lancio di razzi, oltre a cannoni antiaerei ZU-23-2 ed un piccolo numero di veicoli corazzati M-1117 e Humvee corazzati. I Panjshiri infine avrebbero a disposizione anche diversi elicotteri UH-60 Black Hawk e Mi-17, ma non sarebbero comunque dotati delle armi necessarie ad effettuare attacchi aerei di grossa portata contro i talebani.
Insomma, uomini e mezzi a disposizione dei ribelli nel Panjshir sono significativamente inferiori ai combattenti talebani.
I talebani hanno infatti ripreso rapidamente il controllo della provincia di Baghlan dopo la rivolta iniziata dalla resistenza del Panjshir.
Tuttavia, nonostante la notevole superiorità numerica e in termini di potenza di fuoco dei talebani, la vittoria dei fondamentalisti sull’Alleanza del Nord si preannuncia tutt’altro che facile.
Anche negli anni ’80 le truppe sovietiche, organizzate ed equipaggiate in maniera nettamente superiore ai talebani, hanno ripetutamente condotto operazioni militari nella gola del Panjshir non avendo mai vita facile. Sfruttando le caratteristiche ostili del territorio e le tattiche di guerra partigiana, le truppe del Leone del Panjshir hanno inflitto più volte perdite molto gravi alle forze sovietiche.
Si tratta di un elemento preso senza dubbio in considerazione dai talebani, che dunque non hanno fretta di attaccare la regione ribelle, limitandosi per ora a riconquistare la provincia di Baghlan.
I talebani infatti non hanno ancora tentato di invadere la gola e starebbero cercando di risolvere la questione attraverso i negoziati.
I Panjshiri, dal canto loro, non hanno fretta di intensificare le ostilità, ma cercano di contrattare con i talebani imponendo le loro condizioni.
Solo il tempo ci dirà quali saranno le sorti dell’ultima regione dell’Afghanistan che non si è sottomessa ai talebani.