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«L’embargo impedisce a molte aziende di fornirci i dispositivi medici necessari. Chiediamo a tutte le organizzazioni di intervenire per poter fornire l’assistenza medica necessaria a feriti e sopravvissuti».

È una richiesta di aiuto – nel bel mezzo di una vera e propria catastrofe umanitaria – quella che arriva dal Ministro della Salute siriano, impegnato nella gestione sanitaria dell’emergenza ed assediato dal drammatico bollettino delle vittime del terremoto, in costante aggiornamento. L’ultimo bilancio reso noto dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan indica che i morti sono almeno 16.546, a cui vanno aggiunte le 3.162 vittime registrate in Siria.

Le sanzioni internazionali contro la Siria stanno creando gravi difficoltà alla catena di solidarietà che è scesa in campo dopo il terremoto e così, da più parti, è arrivato l’accorato appello a rivedere, quantomeno momentaneamente, l’embargo, al fine di favorire l’accesso umanitario urgente via aerea e via terra.

In primo luogo, il quotidiano della Santa Sede ha raccolto e riproposto l’appello dei Patriarchi e dei capi delle Chiese siriane «affinché vengano immediatamente rimossi embarghi economici e sanzioni che gravano sul Paese» per fare arrivare gli aiuti al popolo, definendoli un «peso insostenibile». Misure definite «inique», che rendono necessario l’avvio «di iniziative umanitarie eccezionali e tempestive per soccorrere le popolazioni travolte da sciagure insostenibili».

Finora, la Siria ha ricevuto supporto da paesi come gli Emirati Arabi Uniti, l’Iraq, l’Iran, la Libia, l’Egitto, l’Algeria, l’India, il Pakistan e la Giordania, che hanno inviato i carichi direttamente agli aeroporti controllati dal governo. Altri Paesi, come Canada, Vaticano, Cina, Qatar e Arabia Saudita hanno promesso aiuti umanitari nel breve termine anche se non è chiaro se verranno inviati direttamente alle autorità di Damasco.

«Le conseguenze dei provvedimenti restrittivi imposti dall’Occidente a Damasco a partire dal 2011 finiscono di fatto – si legge su L’Osservatore Romano – col complicare ed aggravare le condizioni di vita della popolazione locale, oggi sinistrata, come più volte evidenziato dalla Santa Sede nei consessi internazionali, in un quadro generale sempre più drammatico: il 90 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà e i siriani, negli ultimi quattro anni, hanno dovuto fare i conti con un incontrollato aumento dei prezzi dei beni di prima necessità e con una sempre maggiore scarsità di acqua, elettricità e carburanti, peraltro nel contesto pandemico globale».

All’appello si uniscono anche i Salesiani, attraverso le parole di padre Alejandro León, salesiano, missionario dal Venezuela e responsabile dell’ispettoria salesiana del Medio Oriente:

«Le sanzioni internazionali contro il governo siriano, in vigore dallo scoppio del conflitto 12 anni fa, limitano fortemente l’accesso e la circolazione delle risorse materiali e finanziarie del Paese».

Oltre alla pesante influenza delle sanzioni, la gestione degli aiuti umanitari è rallentata per la condizione di perifericità dei territori da soccorrere oltre che per lo stato di guerra in corso in alcune zone. Così, solo le organizzazioni già presenti sul territorio sono in grado di attraversare le aree definite “a rischio”.

L’area più problematica è la provincia di Idlib, dove domina l’organizzazione islamista “erede” di Al Qaeda, oggi “Hayat Tahrir al Sham” (Hts), che combatte contro Damasco. In questa regione, considerata tra le più colpite dal sisma, l’invio di aiuti è ostacolato sia dalla difficile accessibilità del valico di Bab al Hawa a causa degli effetti del sisma, che dalla persistente situazione di conflitto nei punti che collegano Idlib alle zone controllate dal governo.

«Sta qui il paradosso che i salesiani della Siria mettono in evidenza in questo momento drammatico dopo il terremoto che ha colpito Turchia e Siria», prosegue Alejandro León, «mentre la solidarietà internazionale si è mobilitata ma non trova sempre la via per arrivare ai destinatari ultimi».

In Italia, la Cooperazione internazionale della Regione Piemonte e la Croce Rossa hanno deciso, in sinergia, di intervenire in sostegno della popolazione civile siriana allestendo un nuovo reparto di Radiologia dell’Ospedale Al-Zahera di Damasco, gestito dalla Mezzaluna Rossa Araba Siriana – Croce Rossa internazionale.

«La cooperazione internazionale della Regione Piemonte, già avanguardia in Europa nell’intervento umanitario in Siria a sostegno dei Cristiani perseguitati dal terrorismo islamista, è già pronta a fare la sua parte per soccorrere la popolazione civile – ha dichiarato l’assessore alla Cooperazione internazionale Maurizio Marrone -. L’emergenza siriana è aggravata, rispetto alla Turchia, dalle difficoltà operative poste dalle sanzioni ancora legate al conflitto ormai fortunatamente concluso: speriamo che la nostra tempestività sia uno stimolo a tutta la comunità internazionale per superare gli ostacoli che limitano gli interventi umanitari».

La situazione umanitaria in Siria, peggiorata dalla recente emergenza terremoto e dagli attacchi terroristici di Isis e Al Qaeda su infrastrutture sanitarie e operatori medici, ha gravemente ridotto le capacità di risposta della Mezzaluna Rossa Araba Siriana alle emergenze sanitarie. Secondo l’OMS, infatti, gli attacchi terroristici persistenti nel corso degli anni hanno lasciato circa 110 strutture completamente distrutte e altre 473 parzialmente danneggiate. Questo significa che, ad oggi, solo il 46% delle strutture sanitarie della Siria è parzialmente funzionante.