Il dossier della crisi russo-ucraina, complicatosi ulteriormente in seguito all’attacco russo del febbraio scorso, si sta chiaramente rivelando uno dei punti più delicati per il nuovo governo Meloni. L’attuale esecutivo ha, almeno sino ad ora, optato per una scelta di campo rigidamente atlantista, che lo ha portato a pubblicare il sesto pacchetto di armi all’Ucraina dopo i cinque precedenti approvati dal governo di Mario Draghi.
La collocazione atlantista e allineata agli orientamenti antirussi di alcuni ambienti conservatori europei, come quello dell’attuale governo polacco, non si sposa tuttavia necessariamente con determinate tendenze, presenti invece nella storia della destra politica italiana. La destra nazionale italiana ebbe infatti, nel corso della storia repubblicana, posizioni molto variegate circa la Nato ed il ruolo di egemonia che gli Stati Uniti si sono ritagliati sul continente europeo.
MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO E ATLANTISMO
Se la destra del Partito Liberale Italiano ha sempre mantenuto posizioni atlantiste e filo-Usa, lo stesso non si può dire per il Movimento Sociale Italiano e la variegata galassia monarchica.
L’astensione alla ratifica del Patto Atlantico
Già in occasione della ratifica in Parlamento del Patto Atlantico nel 1949 le posizioni maggiormente possibilistiche del deputato missino Guido Russo Perez verso l’adesione dell’Italia alla Nato finirono per essere sconfitte, poiché il Msi non votò a favore della ratifica, optando per un’astensione. Pertanto, fu la posizione contraria all’adesione della giovane Repubblica Italiana alla Nato del segretario Giorgio Almirante a risultare vincente all’interno del partito, per quanto in seguito, sotto la segreteria De Marsanich, segretario missino dal 1950 al 1954, vi fu lo schierarsi da parte della Fiamma a favore del Patto Atlantico. La posizione filo-statunitense fu poi confermata dal successivo segretario Arturo Michelini.
I rautiani e l’equidistanza da URSS e USA
Per quanto, in effetti, i vertici missini si schierarono progressivamente sul versante atlantista, all’interno della Fiamma continuarono a persistere istanze contrarie alla Nato. La componente tradizionalistica, la quale aveva in Pino Rauti l’esponente di maggiore riferimento, fu infatti sempre contraria all’egemonia statunitense in Europa e le istanze terzaforzistiche, di equa distanza fra Usa e Urss, rimasero presenti all’interno del contesto politico post-fascista. Questo genere di posizioni presenti nel Msi trovarono anche punti di contatto con il Partito Comunista Italiano.
Nel novembre 1950, infatti, su “Pattuglia”, giornale dei militanti della Federazione Giovanile Comunista Italiana, fu pubblicato un articolo di Pino Rauti, il quale aveva raccolto l’invito rivolto da Enrico Berlinguer, segretario della Fgci fra il 1949 e il 1956, a una discussione sui problemi della patria e della pace. In seguito, per tutto il 1951, vi furono manifestazioni congiunte fra giovani comunisti e giovani missini in nome della contrarietà al Patto Atlantico.
Così Rauti ricordò successivamente quei fatti:
«Il dialogo con i comunisti era un modo per uscire dalla logica dello scontro frontale, che permetteva alla Dc di presentarsi come baluardo rispetto agli opposti estremismi. I tumulti di piazza intimorivano l’opinione pubblica, perché riproponevano la prospettiva della guerra civile, e a guadagnarci erano i democristiani. Quindi confrontarsi con la Fgci poteva essere utile, anche perché io pensavo che avessimo argomenti validi da sottoporre alla gioventù di sinistra. La critica al capitalismo, all’americanismo e all’atlantismo costituiva un possibile terreno d’intesa».
L’ATLANTISMO E I MONARCHICI
Ma le istanze terzaforzistiche e contrarie all’americanizzazione del continente europeo non riguardarono soltanto la destra incarnata dal Msi, arrivando ad interessare anche i monarchici italiani. Nonostante le dichiarazioni favorevoli nei confronti degli Stati Uniti d’America da parte di Lauro e Covelli, infatti, politici monarchici come Roberto Cantalupo non si posero sulla stessa linea circa la politica internazionale. Cantalupo, infatti, dalle pagine di “Governo”, il settimanale da lui diretto e che fu attivo fra il 1950 e il 1951, espresse l’idea che l’Italia dovesse riprendere il suo tradizionale ruolo di ponte fra l’Occidente e l’Oriente.
Sulle pagine dello stesso settimanale anche l’ex nazionalista triestino Attilio Tamaro si esprimeva favorevolmente circa una neutralità dell’Italia in termini politici e militari:
«Non può restare neutrale una grande Potenza, ma la Italia, grande Nazione vinta, non è ancora ridiventata una grande Potenza, disarmata come si trova, sprovvista di libertà internazionale e di frontiere ben chiuse, nonché di adeguata attrezzatura industriale […] È vero che anche la neutralità domanda d’essere militarmente difesa, però soltanto quando non sia utile ai belligeranti, poiché appena si mostri utile, si difende da sé, con la sua essenza e con la sua esistenza. Nella realtà dei fatti, non altro che la nostra neutralità, saprebbe essere vantaggiosa per i due blocchi. Non si tratta di neutralità ideologica, bensì politica e militare».
LA SVOLTA DI FIUGGI
Questi brevi riferimenti al rapporto fra la Nato e i partiti della destra italiana negli anni della cosiddetta Prima Repubblica dimostrano che le istanze anti-atlantiste non sono sconosciute al bagaglio culturale della destra italiana. Al tempo stesso, però, l’ultimo congresso del Msi tenutosi a Fiuggi nel gennaio del 1995, che diede vita alla formazione politica conservatrice di Alleanza Nazionale, e il progressivo inserimento nel contesto dei partiti conservatori europei hanno quanto meno assopito fortemente questo tipo di istanze critiche nei confronti dell’egemonia statunitense. Non è quindi un caso che la destra nazionale abbia appoggiato gli interventi militari americani in Afghanistan nel 2001 e in Iraq nel 2003, assumendo un atteggiamento in linea con le posizioni di Washington.
Il governo Meloni
Pertanto, l’attuale linea politica del governo presieduto da Giorgia Meloni si inserisce all’interno di un processo politico che vede una destra nazionale assumere connotati sempre più conservatori e atlantisti. In questo senso, non è casuale la presenza sempre più frequente di Giorgia Meloni agli eventi dei conservatori americani come il CPAC (Conservative Political Action Conference). Una scelta di campo non nuova, dunque, per la destra italiana, ma che rompe in maniera ancora più netta rispetto al passato con le radici di tutta una galassia politica e culturale.
Matteo Boniello