Sebbene la parola “Hezbollah” significhi letteralmente “il partito di Dio”, sarebbe sbagliato fare dei parallelismi con il concetto propriamente occidentale di “partito”. In questo articolo, approfondiremo la storia e le caratteristiche della fazione libanese oggi nel mirino di Israele.
La presenza capillare di Hezbollah in Libano
Per Hezbollah in Libano, ma non solo, si intende un movimento totalizzante, un vero e proprio stato nello stato che abbraccia un gran numero di settori della società civile, spaziando dai media radiofonici e televisivi all’istruzione, dalla sanità al calcio (ebbene sì, i campioni in carica del campionato libanese sono i gialloneri dell’Al Ahed, club legato a Hezbollah e dal quale la squadra riprende i colori), dal sostegno agli oppressi alla rappresentanza popolare all’interno del parlamento libanese, dove siedono ben 12 parlamentari del Partito di Dio (quasi il 10%).
Il braccio militare di Hezbollah
Senza dubbio, il fattore più caratterizzante, quello che è costato ad Hezbollah l’etichetta di associazione terroristica da parte di Stati Uniti e Unione Europea, è il suo braccio militare. Hezbollah nasce fondamentalmente per quello, per combattere.
La guerra dello Yom Kippur
Siamo nel 1973, in Israele si sta festeggiando lo Yom Kippur, una ricorrenza estremamente importante per la religione ebraica. Al popolo di Abramo è imposto il divieto di bere, di mangiare, di lavorare e persino di rispondere al telefono. Ed è proprio in quel giorno, precisamente il 6 ottobre, che Egitto e Siria decidono di attaccare a sorpresa lo stato della stella di Davide. Inizialmente lo shock degli israeliani favorisce gli arabi, ma successivamente lo Tsahal, anche grazie a una superiore disponibilità di mezzi, sarà in grado di riprendersi e respingere il nemico. Alla fine il conflitto terminerà con un sostanziale pareggio. È da questo momento che il Libano, pur non avendo preso parte attiva nel conflitto, assume un rilievo di assoluta centralità nella questione arabo – israeliana.
Arafat ha le spalle al muro: i suoi fedayn sono stati cacciati addirittura con la forza delle armi dalla Giordania di Re Husayn, deciso ad allinearsi su posizioni filo–occidentali e ad abbandonare gli alleati arabi, sostenuti dall’Unione Sovietica e in perenne scontro contro lo stato ebraico. Nel frattempo si respirano venti di guerra e l’OLP sa di non poter rimanere a guardare, ma servono basi sicure in territori non occupati per continuare la lotta.
La scelta del Libano meridionale diviene quindi una scelta obbligata per i palestinesi: la penisola del Sinai è un territorio desertico e inospitale ed è più distante dal cuore pulsante di Israele, situato nel nord. I fedayn si accorgeranno presto però che la situazione nel paese dei cedri non è meno bollente che nel resto della regione.
Il ruolo del Libano nel conflitto israelo-palestinese
Il Libano è, in quel momento, una nazione che non ha coscienza di sé, dove convivono svariate confessioni in guerra tra loro. La spaccatura è anche sociale e politica: gli sciiti del sud agricolo del paese sentono propria la causa palestinese, mentre i maroniti, la fetta di popolazione più benestante, è per lo più radicata su posizioni filo–israeliane. Inoltre sono forti la comunità sunnita e drusa (una setta molto particolare di difficile definizione). Ovviamente, queste poche righe non hanno la presunzione di esaurire anche le innumerevoli ramificazioni che formano i due macro insiemi costituiti da sunniti e sciiti. Tra i gruppi sciiti presenti in Libano c’è però anche quello degli alawiti, al quale appartiene anche la dinastia degli Assad e, non a caso, gli Hezbollah libanesi hanno combattuto al suo fianco durante la guerra civile siriana.
In Israele, come è logico, questa novità non è accolta con favore. Dal Libano meridionale continuano gli attacchi devastanti dei fedayn e, oltretutto, la situazione politica nel paese dei cedri non è affatto stabile. Allo stato ebraico manca quindi un’autorità di governo con la quale interloquire e non riesce a vedere nessuna soluzione al problema. A Tel Aviv si matura dunque l’idea dell’invasione. E così accadrà per ben tre volte.
I rapporti tra Israele e Libano oggi
Da quel periodo a oggi non molto sembra cambiato: Hezbollah rappresenta la longa manus del “nemico numero uno”, per usare le parole di Netanyahu, “di Israele”, cioè l’Iran. Fin dalla sua fondazione, nei primi anni ’80, la sinergia con Tehran, dettata dalla comune fede sciita, è stata fortissima, con copiosi finanziamenti di armamenti e denaro.
Se dunque la componente sunnita dell’Islam sembra per lo più disponibile a dialogare con lo Stato ebraico, la cosiddetta “Mezzaluna Sciita”, un asse che parte da Tehran passando per la Siria di Assad per arrivare nel sud del Libano, non sembra avere nessuna intenzione di rivedere una posizione fortemente anti-sionista e anti-occidentale, che si inserisce ovviamente nello scontro tra sauditi e iraniani per la predominanza nel Medio Oriente e per il possesso dei pozzi petroliferi in Iraq e nel Golfo Persico.
Ecco perché non stupiscono le recenti esternazioni del Segretario Generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah:
«Il Libano è già sul campo di battaglia. Dall’8 ottobre teniamo impegnato un quarto dell’esercito israeliano. Non abbiamo paura, abbiamo gli strumenti per difenderci anche dagli americani» ha tuonato da Beirut il numero uno di Hezbollah, mentre l’Israel Defense Force (IDF) minaccia l’allargamento del conflitto con un’offensiva nel nord.
Enrico Parigi