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Si è svolto ieri a Luanda, capitale dell’Angola, l’incontro tra il presidente della Repubblica democratica del Congo (RDC) Felix Tshisekedi e l’omologo ruandese Paul Kagame. Sul tavolo la delicata situazione al confine est del Congo, dove da tempo sono ripresi gli attacchi da parte del gruppo di ribelli “Movimento 23 marzo” (M23), di etnia Hutu, che Kinshasa ritiene sostenuto dal Ruanda. A svolgere il ruolo di mediatore durante il summit, come disposto dall’Unione Africana, è stato il presidente dell’Angola Joao Lourenco.

A mediare l’incontro tra Tshisekedi e Kagame è stato il presidente dell’Angola Joao Lourenco

I due paesi hanno concordato una de-escaletion delle tensioni diplomatiche: all’interno dell’accordo figura un’immediata cessazione delle ostilità al confine e la ritirata dei ribelli dell’M23 dal territorio congolese. Quest’ultima condizione, tuttavia, è già stata esclusa dagli stessi ribelli, che oggi hanno fatto sapere di voler continuare a combattere.

Ad affermarlo proprio il portavoce dell’M23 Willy Ngoma, sentito dall’emittente “Bbc Grandi laghi” dove ha precisato che il gruppo non si ritirerà dalle sue posizioni. «Ritiro per andare dove? – ha detto Ngoma -. Siamo congolesi. Volete che viviamo senza un Paese?». Il gruppo armato afferma di lottare per una “nobile e giusta causa” di difesa dei diritti dei congolesi di lingua kinyarwanda – comunità che si considera emarginata – nonostante le accuse del governo congolese di essere un gruppo che agisce per procura del Ruanda.

I due paesi hanno anche fissato come obiettivo comune la sconfitta di un altro gruppo ribelle Hutu, le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR), che il governo ruandese aveva accusato di combattere al fianco dell’esercito della RDC.

 

GLI ULTIMI MESI SEGNATI DALLE TENSIONI TRA CONGO E RUANDA

Nonostante i combattimenti con i ribelli non si fermeranno, il summit di ieri riesce nell’obiettivo tutt’altro che scontato di una distensione nelle relazioni diplomatiche tra i due paesi. Nei giorni precedenti, infatti, la notizia dell’incontro aveva suscitato forti reazioni a Kinshasa, non solo in ambito politico ma anche della società civile.

È il caso degli attivisti di Lucha, storica forza di opposizione congolese che si è detta «contraria ad ogni forma di dialogo fra la RDC ed il Ruanda», ribadendo che «nel momento in cui parliamo le truppe ruandesi e dell’M23 occupano ancora una parte di territorio congolese. Solo una giustizia capace di portare in tribunale dei boia come Paul Kagame permetterà una pace durevole in RDC e nella regione dei Grandi laghi».

Anche sul piano istituzionale le tensioni tra i due paesi non si sono fermate fino a poco prima del summit. Solamente martedì Tshisekedi aveva sostenuto la possibilità dello scoppio di una guerra con il Ruanda se le autorità di Kigali non avessero smesso di sostenere i gruppi ribelli operativi nell’est della RDC. Una posizione ribadita anche in un’intervista rilasciata al quotidiano britannico “Financial Times“: «Questa possibilità non può essere esclusa – aveva detto il presidente congolese -. Se le provocazioni del Ruanda continuano, non resteremo a guardare senza fare nulla. Non siamo deboli». A riprova del coinvolgimento di Kigali al fianco dell’M23, Tshisekedi aveva citato la cattura di alcuni militari ruandesi all’interno dei confini del suo Paese.

Accuse ancora una volta respinte da parte del presidente ruandese Kagame, che in un’intervista all’emittente statale “Rba” aveva attaccato l’atteggiamento di Kinshasa nei confronti dei ribelli dell’M23, con cui prima aveva concordato una via d’uscita salvo poi tirarsi indietro affermando che «non parleremo con l’M23 perché sono terroristi».

«All’improvviso il terrorismo è stato utilizzato come una scusa per non continuare con il processo politico – ha attaccato il presidente ruandese in riferimento alla volontà di Kinshasa di non portare avanti il processo di dialogo avviato precedentemente a Nairobi con il sostegno della Comunità dell’Africa orientale (Eac) -. Se sono terroristi, perché dovresti combattere i terroristi, come li chiami, e allo stesso tempo cercare un gruppo etnico che sia legato a questi “terroristi”? Puoi etichettare un gruppo etnico come gruppo terroristico? Sembra pazzesco, non puoi farlo».

 

UNA FORZA CONGIUNTA PER GARANTIRE IL CESSATE IL FUOCO AL CONFINE

Durante il terzo vertice a Nairobi, il mese scorso, i leader dell’Eac avevano concordato di dispiegare una forza congiunta in Congo «per garantire che il cessate il fuoco di cui stiamo parlando regga e consenta lo svolgimento del processo politico» aveva ricordato Kagame. Un’ipotesi valutata positivamente anche dal governo congolese, a patto però che il Ruanda non avesse preso parte alla composizione della forza regionale. Il via libera era arrivato lo scorso 20 giugno, quando i capi di stato dell’Eac, riuniti a Nairobi, avevano approvato il dispiegamento della forza regionale per combattere i gruppi armati nella Rdc orientale e hanno ordinato un cessate il fuoco immediato e «il ritiro dalle posizioni recentemente assunte». Una decisione ulteriormente rafforzata attraverso il summit di ieri in Angola, e che alla luce dell’annuncio fatto oggi dall’M23 di voler continuare a combattere appare ancora più determinante per il futuro nella zona.