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Sarebbero 120 mila i cittadini del Nagorno-Karabakh, regione del Caucaso meridionale a maggioranza armena e di fede cristiana, rimasti da oltre 40 giorni senza servizi essenziali (come gas e corrente elettrica) e beni primari (soprattutto medicinali e cibo fresco) a causa del blocco messo in atto dall’Azerbaigian nel corridoio di Lachin, unico passaggio che collega l’area all’Armenia e al mondo esterno.

La denuncia è contenuta all’interno del “Rapporto Ombudsman Artsakh sulla violazione dei diritti umani a causa del blocco azero“. Il blocco è attivo dal 12 dicembre scorso, quando agenti del governo azero si sarebbero spacciati per attori indipendenti bloccando la statale Goris-Stepanakert, unica strada che attraversa il corridoio citato nella “Dichiarazione trilaterale di cessate il fuoco” firmata dai leader di Armenia, Azerbaigian e Russia il 9 novembre del 2020. 

Al Punto 6 della Dichiarazione, infatti, si legge:

«Il corridoio di Lachin (5 km di larghezza) che assicurerà la comunicazione tra il Nagorno-Karabakh (NK)/Artsakh e Armenia e allo stesso tempo aggirerà la città di Shushi, rimarrà sotto il controllo del contingente di mantenimento della pace della Federazione Russa». Lo stesso documento, inoltre, prevede che «l’Azerbaigian deve garantire la sicurezza di persone, veicoli e merci che si muovono lungo il corridoio di Lachin in entrambe le direzioni».

Il blocco in atto va così ad aggravare la già terribile situazione umanitaria che colpisce la popolazione civile dell’Artsakh (di cui 30 mila bambini), dove oltre al mancato accesso a beni e servizi essenziali come farmaci, cibo, carburante e prodotti per l’igiene, si registra anche l’interruzione deliberata da parte dell’Azerbaigian della connessione Internet e delle forniture di gas ed elettricità. Il tutto in un periodo dell’anno in cui sul Caucaso le temperature sfiorano i meno 10 gradi.

Non è tuttavia la prima volta che l’Azerbaigian blocca il corridoio di Lachin dopo la guerra con l’Armenia del 2020. In precedenza, il 3 dicembre 2022, un gruppo di azeri aveva bloccato la strada motivando l’azione con presunte motivazioni di natura ecologista circa l’estrazione di risorse naturali dell’Artsakh. In quell’occasione, dopo una mediazione di tre ore condotta dal contingente russo nell’area, la strada era stata riaperta. Per quanto riguarda le forniture di gas verso la regione, invece, una prima interruzione da parte azera si era registrata tra il 13 ed il 16 dicembre 2022, mentre dal 18 gennaio di quest’anno il blocco è ripreso e sarebbe tuttora in atto. Ma la strategia di taglio delle forniture energetiche da parte dell’Azerbaigian era stata già avvertita un anno fa: nel marzo 2022 l’unico gasdotto dell’Armenia aveva subito un sabotaggio rimanendo inattivo per 20 giorni.

Discorso analogo per quanto riguarda la corrente elettrica e l’accesso a Internet: lo scorso 9 gennaio l’unica linea ad alta tensione che fornisce elettricità all’Artsakh dall’Armenia è stata danneggiata nella sezione Aghavno-Berdzor, sempre all’interno del corridoio di Lachin sotto il controllo azero. A seguito del danneggiamento, le autorità azere non hanno permesso che venissero condotti dagli specialisti dell’Artsakh nei lavori di riparazione e, di conseguenza, l’elettricità è ora fornita esclusivamente da centrali idroelettriche locali, che dispongono tuttavia di risorse limitate. Tre giorni dopo, il 12 gennaio, è stato danneggiato anche l’unico cavo in fibra ottica che fornisce la connessione Internet all’Artsakh dall’Armenia. Anche in questo caso il sabotaggio è avvenuto in un tratto di strada interessato dal blocco azero.

Una situazione di fatto insostenibile per la quale le autorità del Nagorno-Karabakh si sono rivolte alla Comunità internazionale, denunciando i blocchi azeri come una violazione dei diritti umani a tutti gli effetti:

«La comunità internazionale – si legge in conclusione del Rapporto – dovrebbe assumere urgentemente una posizione unanime e inequivocabile e intraprendere azioni mirate per condannare, punire e impedire che l’Azerbaigian continui ad agire con un senso di assoluta impunità. La comunità internazionale deve impedire all’Azerbaigian di realizzare il suo ultimo obiettivo di genocidio: la pulizia etnica della popolazione indigena armena dell’Artsakh».